
Splatterhouse
Titolo originale: スプラッターハウス (Supurattāhausu)
Piattaforme: Arcade, PC Engine, TurboGrafx-16, FM Towns, Microsoft Windows
Data di pubblicazione: Novembre 1988 (Arcade), 1990 (PC Engine/TurboGrafx-16), 1992 (FM Towns), 2000 (Microsoft Windows), 2007-2009 (Virtual Console)
Genere: Picchiaduro a scorrimento, Survival Horror
Origine: Giappone
Sviluppo: Namco
Pubblicazione: Namco
Modalità di gioco: Giocatore singolo
Supporto: Cartuccia, distribuzione digitale (Virtual Console)
Serie: Splatterhouse
Seguito da: Splatterhouse 2 (1992)
L'orrore prende vita
Alla fine degli anni Ottanta, mentre il mercato videoludico era dominato da mondi colorati e avventure spensierate, Namco decise di esplorare un sentiero più oscuro, un territorio fino a quel momento evitato per timore di osare troppo. Splatterhouse nacque come un omaggio viscerale al cinema horror occidentale, un'esperienza che traduceva in pixel e suoni digitali le atmosfere disturbanti del genere slasher e gore. Non era solo un picchiaduro a scorrimento, era un incubo interattivo in cui il giocatore non avanzava semplicemente tra nemici e ostacoli, ma si immergeva in un mondo di terrore e disperazione, in un viaggio destinato a lasciare il segno nella sua memoria.
L'elemento che rendeva Splatterhouse diverso da qualsiasi altro prodotto dell'epoca era la sua consapevolezza estetica. Nulla in esso era casuale, tutto era costruito per suscitare un senso di oppressione e disgusto. Il design dei livelli evocava immagini di putrefazione e morte, le creature che infestavano la casa del dottor West sembravano uscite dalle peggiori allucinazioni di un uomo preda della follia. Il protagonista, Rick Taylor, non era un eroe nel senso classico del termine. Non era un guerriero guidato da nobili ideali, ma un uomo disperato, spinto dalla necessità di salvare la sua fidanzata Jennifer e disposto a lasciarsi trasformare da una forza oscura pur di riuscirci.



Una trama semplice, un incubo universale
L'incipit della storia è un topos classico del cinema horror: una coppia di giovani, un luogo maledetto, un errore fatale che li trascina in una spirale di terrore. Rick e Jennifer, due studenti di parapsicologia, si avventurano nella dimora del dottor West, un ricercatore scomparso in circostanze misteriose dopo anni di studi sulle forze ultraterrene. Il temporale che si abbatte su di loro li costringe a cercare rifugio all'interno della casa, ma l'illusione di aver trovato un riparo dura poco. Jennifer viene rapita da una presenza invisibile, mentre Rick viene colpito e lasciato privo di sensi in un angolo oscuro dell'edificio.
Quando si risveglia, qualcosa è cambiato. Sul suo volto è apparsa la Terror Mask, un'antica maschera sacrificale azteca che si dice abbia il potere di donare forza sovrumana a chiunque la indossi. Rick sente il suo corpo trasformarsi, le sue mani diventano armi di distruzione, i suoi muscoli si gonfiano in una mostruosa rappresentazione della brutalità. Non ha scelta: se vuole salvare Jennifer, dovrà attraversare la casa e affrontare gli orrori che si celano tra le sue mura.
Il gameplay: brutalità e strategia
Al primo impatto, Splatterhouse potrebbe sembrare un picchiaduro a scorrimento come tanti altri, ma ben presto il giocatore si rende conto che la sua struttura è più vicina a quella di un survival horror ante litteram che a un classico titolo d'azione. Rick non può semplicemente correre avanti e colpire a caso, ogni scontro richiede attenzione, ogni azione deve essere ponderata. Il movimento del protagonista è denso, pesante, ogni colpo inferto ai nemici ha un impatto viscerale, ogni arma raccolta lungo il percorso cambia in modo significativo l'approccio alla battaglia.
L'interazione con l'ambiente è un altro elemento distintivo del gioco. Gli scenari non sono solo sfondi passivi, ma diventano parte integrante dell'esperienza. I muri si sporcano di sangue quando un nemico viene schiacciato contro di essi, i corpi si deformano in modo disturbante sotto la forza dei colpi di Rick. La violenza non è fine a se stessa ma è parte integrante della narrazione, un linguaggio visivo che trasmette la disperazione e la brutalità del viaggio del protagonista.



Un viaggio nelle profondità dell'incubo
I livelli che compongono il gioco sono un crescendo di tensione e orrore, ognuno con una propria identità visiva e narrativa. Dalla catacomba iniziale, un luogo infestato da corpi in decomposizione e prigionieri morenti, si passa a un condotto fognario in cui l'acqua sembra essere viva, generando creature che emergono dalle profondità per attaccare Rick. La foresta sotto la pioggia crea un'atmosfera da incubo, con ombre che si muovono tra gli alberi e cadaveri ambulanti che emergono dal terreno.
La casa del dottor West è un labirinto di follia, un luogo in cui la realtà si piega alla volontà del male. Le stanze sembrano cambiare forma, i ritratti si animano, le mani mozzate si muovono da sole. Nel santuario maledetto, Rick affronta una delle prove più inquietanti: un crocifisso rovesciato attorno al quale fluttuano teste decapitate, un'immagine così estrema che verrà censurata nelle versioni occidentali. Il culmine del viaggio si raggiunge nel corridoio infernale, un'area in cui la casa stessa sembra essere diventata un organismo vivente, pulsante e maligno, infestato da embrioni volanti che rappresentano la forma più primitiva dell'orrore che ha preso possesso del luogo.
Quando tutto sembra finito, la maschera che ha guidato Rick fino a quel punto rivela la sua vera natura. Non è un artefatto di salvezza, non è uno strumento per il bene. È un'entità maligna, un parassita che si nutre della violenza e della disperazione di chi la indossa. Rick si trova a combattere la sua ultima battaglia non contro un nemico esterno, ma contro il destino che lo ha trasformato in un mostro.
L'eredità di un incubo

Splatterhouse non fu solo un videogioco, ma un esperimento estetico e narrativo che dimostrò come il medium potesse evocare sensazioni di terrore e disgusto con la stessa efficacia del cinema horror più disturbante. Nonostante la censura e le controversie che lo accompagnarono, il gioco riuscì a lasciare un segno indelebile nell'immaginario collettivo, diventando un titolo di culto tra gli appassionati del genere. L'influenza di Splatterhouse si estese ben oltre la sua epoca, ispirando non solo i suoi diretti seguiti ma anche l'intera evoluzione del videogioco horror.
Il suo DNA è rintracciabile in opere come Resident Evil e Silent Hill, giochi che avrebbero portato il survival horror a un livello più sofisticato, ma che devono molto alla brutalità visiva e alla tensione opprimente introdotta da Splatterhouse. Nel 2010, un remake tentò di riportare l'incubo ai giorni nostri, modernizzando il gameplay ma mantenendo intatta la sua essenza grottesca. Eppure, l'originale rimane insuperato nella sua capacità di evocare un senso di orrore puro, non mediato da spiegazioni razionali o orpelli narrativi.
Ciò che Splatterhouse ci lascia, alla fine, è una domanda inquietante. Non riguarda solo Rick Taylor e il suo destino, ma il giocatore stesso. Quanto siamo disposti ad accettare la violenza quando ci viene presentata come necessaria? Quanto siamo pronti a lasciarci trasformare, a sacrificare la nostra umanità per un obiettivo più grande? Nel mondo di Splatterhouse, il vero orrore non è nei mostri che popolano la casa del dottor West. È nello sguardo riflesso nella maschera, nell'uomo che si rende conto di non essere più quello che era quando tutto è iniziato.
Nero d'Ombra