
Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind)
Data di uscita: 19 marzo 2004 (Stati Uniti), 22 ottobre 2004 (Italia)
Regista: Michel Gondry
Sceneggiatura: Charlie Kaufman
Adattato da: Idea originale di Pierre Bismuth, Michel Gondry e Charlie Kaufman
Budget: 20 milioni USD
Effetti speciali: Drew Jiritano, Mark Dornfeld
Fotografia: Ellen Kuras
Montaggio: Valdís Óskarsdóttir
Colonna sonora: Jon Brion
Scenografia: Dan Leigh, David Stein, Ron von Blomberg
Costumi: Melissa Toth
Produzione: Anonymous Content, This Is That Productions
Distribuzione: Focus Features (USA), Eagle Pictures (Italia)
Cast: Jim Carrey, Kate Winslet, Kirsten Dunst, Elijah Wood, Tom Wilkinson, Mark Ruffalo, Jane Adams, David Cross
Il Cinema Come Sogno, Memoria e Oblio
Esistono film che, come incubi dolcissimi, si insinuano nella mente dello spettatore per non uscirne più. "Se mi lasci ti cancello" (Eternal Sunshine of the Spotless Mind, 2004) è uno di questi. Un'opera che si muove tra l'intimo e il metafisico, tra il dramma sentimentale e la fantascienza mentale, tra la narrazione convenzionale e la destrutturazione più totale del ricordo. Eppure, dietro la sua apparente complessità, il film di Michel Gondry è uno dei racconti più autentici e dolorosi sull'amore, sulla perdita e sulla memoria.
Ma chi è Michel Gondry? Un illusionista, un fabbricante di immagini, un architetto del videoclip che ha fatto del cinema un prolungamento delle sue ossessioni visive. Uno che, probabilmente, non è un grande regista nel senso classico del termine—non possiede la geometria chirurgica di Kubrick, né la tensione metafisica di Tarkovskij—ma che, in "Se mi lasci ti cancello", ha trovato la perfetta fusione tra la sua estetica da artigiano del sogno e la scrittura geniale di Charlie Kaufman, il vero demiurgo dell'opera.



La memoria come campo di battaglia
Il titolo originale del film—Eternal Sunshine of the Spotless Mind—è tratto da un poema del 1717 di Alexander Pope, Eloisa to Abelard, che riflette sul dolore del ricordo e sulla benedizione dell'oblio. Un verso che diventa il cuore pulsante di tutta la narrazione: è meglio dimenticare per non soffrire o preservare anche i ricordi più dolorosi per mantenere intatta la nostra identità?
La storia è nota: Joel Barish (Jim Carrey) e Clementine Kruczynski (Kate Winslet) si amano, si distruggono, si lasciano. Lei decide di cancellarlo dalla memoria con l'aiuto della clinica Lacuna Inc., lui, devastato, sceglie di fare lo stesso. Ma nel corso della procedura, mentre il suo cervello viene metodicamente svuotato, Joel si rende conto che non vuole perdere Clementine. Cerca disperatamente di nasconderla nei recessi più remoti della sua mente, ma il sistema è inesorabile.
Quello che Gondry e Kaufman mettono in scena è una guerra interiore, un viaggio allucinatorio tra le sinapsi, dove i ricordi si sgretolano sotto i nostri occhi e il tempo si piega su se stesso. Il cinema di Gondry, fatto di trucchi artigianali e illusioni ottiche, trova qui la sua massima espressione: le scene si dissolvono come sogni che sfuggono al risveglio, gli spazi si accartocciano, i volti si deformano, la realtà si frantuma.


Jim Carrey e il dramma della normalità
Se c'è una rivelazione in questo film, è Jim Carrey. Lontano dalle smorfie iperboliche di Ace Ventura o The Mask, qui si trasforma in un uomo comune, fragile, un individuo schiacciato dal peso della propria infelicità. Il suo Joel è un'anima che si dibatte tra l'incapacità di comunicare e il desiderio disperato di essere amato. È un'interpretazione di una potenza disarmante, che dimostra come Carrey, sotto la superficie dell'istrione, possieda una profondità emotiva incredibile.
E poi c'è Kate Winslet, che ribalta il cliché della "Manic Pixie Dream Girl" e lo trasforma in qualcosa di più profondo. Clementine non è una musa, non è un'idealizzazione del desiderio maschile. È instabile, impulsiva, a tratti insopportabile. Ma è viva. E la sua vitalità è proprio ciò che attira e spaventa Joel.
Gondry: il genio irregolare del videoclip
Se "Se mi lasci ti cancello" funziona così bene, è perché Gondry ha portato nel cinema la sua esperienza nel mondo del videoclip. I suoi lavori per Björk, Daft Punk, The White Stripes e Massive Attack sono piccoli capolavori di ingegno visivo, giochi di specchi e distorsioni della realtà.
Nel film, questa sensibilità si traduce in un uso della macchina da presa e degli effetti speciali che sfugge alla CGI e abbraccia la tecnica analogica. Le scene di cancellazione della memoria non sono costruite digitalmente, ma attraverso illusioni ottiche, cambi di prospettiva, dissolvenze fisiche. La casa sulla spiaggia che crolla, i volti che si sfocano, gli oggetti che scompaiono: tutto è ottenuto con trucchi da prestigiatore, non con l'onnipresente post-produzione digitale.
Gondry non è un formalista sterile: la sua estetica è sempre al servizio dell'emozione. E in questo, si avvicina ai grandi maestri.


L'eredità del film: amore, oblio e il terrore di rinascere uguali
Cosa rimane di "Se mi lasci ti cancello", vent'anni dopo? Un film che non invecchia, perché parla di qualcosa di eterno: il dolore della perdita, il desiderio di riscrivere il proprio passato, la consapevolezza che l'amore è un ciclo che si ripete, inevitabilmente.
Nel finale, Joel e Clementine, dopo aver scoperto di essersi già amati e distrutti, decidono di riprovarci. Sanno che probabilmente falliranno di nuovo, ma accettano l'inevitabilità del dolore come parte dell'esperienza umana.
È la più grande lezione del film: non esiste amore senza sofferenza, non esiste felicità senza memoria.
Conclusione: un'opera che sfida il tempo

Michel Gondry non sarà un titano del cinema, ma con "Se mi lasci ti cancello" ha creato qualcosa di raro: un film che è al tempo stesso un'opera di straordinaria tecnica e un'esperienza emotiva devastante.
Un film che si insinua nella mente dello spettatore e vi rimane, come un sogno impossibile da cancellare.
E forse, in fondo, è proprio questo il segreto dell'arte: lasciare cicatrici che non si possono rimuovere.
Sasha Bazzov