Ricomincio da Tre (1981, Massimo Troisi)

Data di uscita: 5 marzo 1981 (Italia)

Regista: Massimo Troisi

Sceneggiatura: Massimo Troisi, Anna Pavignano

Con Massimo Troisi, Fiorenza Marchegiani, Lello Arena, Marco Messeri, Cloris Brosca


Descrizione

Napoli si stende come un ventaglio di vicoli e speranze, mentre Gaetano si muove tra i suoi dedali come un Ulisse in blue jeans, la sua valigia piena di dubbi più che di certezze. Il cielo partenopeo pesa sulle sue spalle come un mantello di domande senza risposta.

Le strade di Firenze lo accolgono con la freddezza di una statua del Rinascimento. La sua parlata incespica come un ruscello su pietre antiche, ogni balbettio è poesia involontaria che trasforma l'inadeguatezza in arte pura. Il suo sguardo perplesso scruta la città come un archeologo davanti a un reperto incomprensibile.

L'amicizia con Lello si dipana come un filo d'Arianna nel labirinto dell'esistenza. I loro dialoghi sono fuochi d'artificio di filosofia popolare, ogni battuta un lampo di verità che illumina il buio delle convenzioni. «Ricomincio da tre», sussurra Gaetano, come se i numeri potessero davvero misurare il peso dei ricominciamenti.

L'amore arriva con il volto di Fiorenza, imprevedibile come un temporale d'agosto. La loro storia si muove sul filo della spontaneità, ogni gesto un equilibrio precario tra desiderio e paura. La paternità sfiorata aleggia nell'aria come profumo di caffè non bevuto.

Il finale resta sospeso come una domanda nell'aria, mentre Gaetano scopre che ogni risposta genera nuove domande. La sua crescita personale è un mosaico di piccole rivoluzioni quotidiane, ogni tassello un passo verso una maturità non cercata.

Giudizio critico

Ricomincio da Tre rappresenta una rivoluzione gentile nel cinema italiano. Con un budget minimo di 300 milioni di lire, Troisi crea un'opera che incasserà oltre 5 miliardi, ridefinendo la commedia all'italiana. Il suo stile unico, che fonde neorealismo e commedia esistenziale, influenzerà generazioni di registi. La sua capacità di trasformare il disagio generazionale in poesia visiva lo rende un classico senza tempo del cinema italiano.

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