
L'era in cui il Cinema indossava spalline e sognava in Technicolor
Gli anni '80: decennio in cui il mullet era considerato un'acconciatura decente, e Hollywood decise di sniffare cocaina creativa per partorire film su steroidi audiovisivi. Reagan recitava da Presidente mentre Schwarzenegger recitava da robot recitante. Coincidenza? Guerra Fredda sul mappamondo, guerra calda al box office! Rambo sconfiggeva l'URSS a colpi di bandana sudata, Rocky prendeva a pugni l'ideologia comunista. Diplomazia? Pff, bicipiti über alles! MTV esplodeva come supernova pop, trasformando musicisti in divinità del tubo catodico. Michael Jackson zombificava "Thriller", Prince pioveva purple, Madonna scandalizzava benpensanti con reggiseni a cono. Bowie e Jagger ballavano per strada: coreografia o richiesta d'aiuto? Mistero irrisolto. Cinema invaso da sintetizzatori e neon: "Blade Runner" profetizzava un 2019 con più pioggia acida che iPhone, "Tron" ci faceva sognare di vivere dentro un Commodore 64. "WarGames" ammoniva: giocare a Guerra Termonuclare Globale? Cattiva idea, anche se il computer ha l'accesso ai codici. John Hughes eleggeva l'adolescenza a stato dell'anima, "Breakfast Club" trasformava detenzione in terapia di gruppo. Tutti volevano essere Ferris Bueller, nessuno voleva essere il preside Ed Rooney. Destino crudele. Futuro distopico? "Terminator" mandava indietro Arnold versione Uomo di Latta assassino. "Alien" e "La Cosa" ridefinivano horror sci-fi: mai più pizza durante la visione, solo lanciafiamme e whisky. Spielberg e Lucas dominavano: Indiana Jones, archeologo con frusta e battute, E.T. alieno con dito luminoso e passione per dolcetti. Improvvisamente, tutti volevano fedora e bici volanti. Supereroi? Batman di Burton gotico e tormentato, Joker di Nicholson, clown psicopatico con problemi di make-up. "I dominatori dell'universo" dimostravano che non tutti i giocattoli meritano un adattamento cinematografico. He-Man piangeva, Skeletor rideva. Superman si destreggiava tra doveri extraterrestri e piaceri terreni da soap opera, Woder-Woman brillava come una disco-ball di estrogeni in una discoteca di ormoni impazziti adolescenziali. Stephen King regnava sovrano, trasformando il Maine in set a cielo aperto e paure primordiali in box office milionario. La sua penna era più prolifica di un coniglio in heat, e Hollywood più che felice di cavalcare l'onda di sangue e popcorn.
Il Muro di Berlino cade, e gli '80 finiscono. Il Cinema si prepara ai '90: meno spalline, più grunge. Tarantino in agguato, Di Caprio si prepara per iceberg e carriera da Oscar.
Morale? Gli '80 non erano un decennio, erano uno stato mentale con troppa lacca e la convinzione che un montaggio musicale risolvesse ogni problema. Nostalgia canaglia? Nah, solo Sindrome da Eccesso di Neon. Prognosi? Guardare "Ritorno al Futuro" e chiamare Doc Brown al mattino. Se sintomi persistono, sniffare polvere di VHS e ballare "Footloose". Effetti collaterali? Capelli voluminosi e desiderio irrefrenabile di salvare il mondo in canottiera.
Tecnologia
Il Technicolor, quel processo che rendeva i film più saturi di colore di un rave party, visse il suo straordinario canto del cigno. "L'ultimo Imperatore" di Bertolucci (1987) fu l'ultimo grande film girato con questa tecnica, facendo brillare la Città Proibita come se fosse stata dipinta da un Patrick Nagel impazzito. Ma non piangete, perché al suo posto arrivò qualcosa di ancora più strabiliante! La CGI fece il suo debutto trionfale, più dirompente dell'entrata di Tom Cruise in "Risky Business". "Tron" (1982) ci catapultò in un mondo digitale quando la maggior parte di noi pensava ancora che i computer fossero solo calcolatrici giganti. Ma fu "Giochi Stellari" (1984) a farci credere che i videogiochi potessero trasformarci in eroi intergalattici. E non dimentichiamoci di "Piramide di Paura" (1985), dove un cavaliere di vetro in CGI fece la sua comparsa, lasciandoci a bocca aperta come se avessimo visto Freddie Mercury fare un duetto con Albano Carrisi. Gli effetti pratici raggiunsero vette mai viste prima. Rob Bottin ci fece saltare sulla sedia con le sue creature in "La Cosa" (1982) di Carpenter, mentre Stan Winston trasformò Arnold in un cyborg così convincente in "Terminator" (1984) da farci credere che le macchine potessero davvero prendere il sopravvento (e non parliamo dei Commodore 64). La steadicam divenne più onnipresente dei Ray-Ban Wayfarer. Garrett Brown la fece danzare nei corridoi dell'Overlook Hotel in "Shining" (1980), creando inquadrature più fluide di John Travolta sulla pista da ballo. James Cameron la portò nelle profondità marine in "The Abyss" (1989), facendoci sentire come se stessimo nuotando con gli alieni (ma senza il rischio di bagnarci i capelli cotonati). E Stallone? Beh, lui portava la steadicam praticamente ovunque. Il suono Dolby Stereo Surround invase le sale come un'orda di Gremlins dopo mezzanotte. "Il ritorno dello Jedi" (1983) ci fece sentire come se fossimo nel bel mezzo di una battaglia spaziale, mentre "Aliens" (1986) ci fece sobbalzare a ogni sibilo alieno come se avessimo calpestato una coda di gatto. L'animazione? Un tripudio di innovazione! "Chi ha incastrato Roger Rabbit" (1988) fuse live action e cartoni animati in modo così convincente da farci credere che potessimo davvero interagire con personaggi disegnati. La Disney si riprese dalla sua sbornia post-anni '70 con "La sirenetta" (1989), dando il via a un rinascimento più glorioso del comeback di John Travolta. Le riprese aeree? Più mozzafiato di un volo con Maverick in "Top Gun" (1986). John Carpenter in "1997: Fuga da New York" (1981) ci fece sorvolare una Big Apple post-apocalittica che sembrava uscita da un incubo di Mad Max con un fissazione per lo skyline.
Insomma, gli anni '80 furono per il cinema quello che i sintetizzatori furono per la musica: un'esplosione di creatività che ci fece credere che tutto fosse possibile. Uscimmo da quel decennio con gli occhi spalancati, i capelli arruffati e la convinzione che, con la giusta dose di immaginazione (e forse un po' di plutonio), potevamo trasformare qualsiasi sogno in realtà... o almeno in un blockbuster estivo.
Il Cinema Italiano degli anni '80: quando la commedia ballava il valzer con la politica
Benvenuti nell'Italia degli anni '80, dove la DC governava più a lungo di una maratona de "La Corazzata Kotiomkin" e il pentapartito era più intricato della trama di un giallo di Dario Argento con l'audio fuori sync. Mentre Craxi si pavoneggiava a Palazzo Chigi come il messia nero del socialismo, il cinema italiano oscillava tra risate grasse e pianti magri. Era l'epoca in cui potevi sbellicarti con una scoreggia di Massimo Boldi e poi cadere in depressione con Moretti, il tutto nello stesso weekend. Bipolarismo cinematografico! La commedia all'italiana era ancora regina, ma con più rughe di Gassman e una pancia da troppi arancini. Villaggio, Verdone e Troisi: il trio delle meraviglie, più potente della Juventus di Trapattoni. Villaggio ci regalava un Fantozzi sempre più tragico, specchio di un'Italia che barcollava tra yuppies e cassa integrazione. La sua nuvoletta era più familiare del jingle della Barilla. Verdone ci faceva sghignazzare (e un po' singhiozzare) con romani talmente autentici che ti aspettavi di vederli scendere dal 64 barrato e rubarti il portafoglio. "Borotalco" deodorava le sale mentre "Un Sacco Bello" ci ricordava che l'amore sboccia anche sotto il solleone del raccordo anulare. E Troisi? Il poeta-comico partenopeo, con "Ricomincio da Tre", ci insegnava che l'importante non è vincere, ma partecipare... possibilmente partendo da tre. La sua Napoli era più vera della pizza e più calda del Vesuvio in eruzione. Ma non era tutto sole, mandolino e cannoli. I maestri del cinema alzavano la voce, anche se il pubblico era più interessato a "Vacanze di Natale" che a "Ginger e Fred". Fellini ci regalava "La Città delle Donne", ricordandoci che la vita è un circo, ma senza rete di sicurezza. La sua Roma: più surreale dei capelli di Rutelli. Scola con "La Terrazza" mostrava un'intellighenzia italiana più confusa di un leghista a Lampedusa, mentre "La Famiglia" ci faceva capire che le riunioni di famiglia sono un incubo anche sul grande schermo. New entry? Nanni Moretti, il Woody Allen de noantri, ma con più Nutella e meno Manhattan. "Bianca" e "La Messa è Finita": esistenzialismo in salsa romana. Salvatores ci portava in vacanza con "Marrakech Express", facendoci venire voglia di mollare tutto... almeno finché non arrivava l'estratto conto. Cinema di denuncia? Presente, ma urlava nel vuoto come l'insegnante in gita sul pullman. Rosi, con "Tre Fratelli", ricordava che il Sud non era solo mare e pastaciutta. Mafia, corruzione, divario Nord-Sud: temi che facevano più paura di un film di Michele Soavi, ma con meno sangue finto e più sangue vero.
Insomma, il cinema italiano '80 era come una carbonara: ingredienti semplici che insieme creavano magia. C'era da ridere, da piangere, e abbastanza spunti di riflessione da sentirti Umberto Eco mentre ordinavi il quinto Campari. Era un cinema in bilico tra Carosello e Mtv, tra Sordi e Verdone, tra la Dolce Vita e la Milano da bere. Un cinema che, come l'Italia, cercava di capire cosa volesse essere da grande, ma intanto si godeva la festa, ballando "Maracaibo" in un locale di Rimini, con i Ray-Ban a specchio e i jeans acid-wash. Perché domani è un altro giorno, ma stasera andiamo al cinema!