
M - Il figlio del secolo
Data di uscita: 10 gennaio 2025
Genere: Drammatico, Storico
Regia: Joe Wright
Attori: Luca Marinelli, Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti, Paolo Pierobon, Gaetano Bruno
Paese: Italia, Francia
Durata: 8 episodi (60 minuti ciascuno)
Distribuzione: Sky Atlantic
Sceneggiatura: Stefano Bises, Davide Serino, con la collaborazione di Antonio Scurati
Fotografia: Seamus McGarvey
Montaggio: Valerio Bonelli
Produzione: Sky Studios, The Apartment, Pathé
Tra Ambizione e Incompletezza
C'è qualcosa di magnetico e inquietante in M - Il Figlio del Secolo, la nuova serie targata Sky e NOW che racconta l'ascesa di Benito Mussolini dal 1919 al 1925, culminando nel discorso in Parlamento dopo l'omicidio Matteotti. Basata sull'omonimo romanzo di Antonio Scurati, vincitore del Premio Strega, e diretta da Joe Wright, la serie colpisce per l'ambizione del progetto, ma si scontra con una composizione frammentaria che ne limita il potenziale.
Non si tratta solo di una narrazione storica, ma di un tentativo di scandagliare il fascino oscuro del potere. Eppure, per quanto visivamente elegante e interpretata da un cast straordinario, M - Il Figlio del Secolo non scava mai davvero nella psicologia più umana dei suoi personaggi. Ciò che resta è un'opera che si regge più sul carisma degli interpreti che sulla profondità del racconto, salvandosi dal rischio di essere poco più di una trasposizione documentaristica alla History Channel.



Luca Marinelli: Un Mussolini che Seduce e Inquieta
Luca Marinelli si carica sulle spalle il peso di un ruolo complesso e divisivo, quello di Benito Mussolini. La sua interpretazione è il cuore pulsante della serie, una performance che oscilla tra il magnetismo e la repulsione. Marinelli non interpreta solo un dittatore, ma un uomo che, nei suoi primi anni di ascesa, è al tempo stesso calcolatore, vile e profondamente umano.
Eppure, anche grazie alla scelta di rompere la quarta parete, il suo Mussolini non si limita a essere un personaggio storico: diventa un simbolo, uno specchio per lo spettatore. Quando si rivolge direttamente a noi, è come se chiedesse: "Se fossi io, cosa faresti? Se fossi tu, cosa saresti?" Ma per quanto intensa e stratificata sia la sua performance, il personaggio non viene mai davvero esplorato a fondo. Marinelli può fare molto, ma la sceneggiatura non gli offre abbastanza strumenti per svelare più di una facciata: Mussolini resta in gran parte un enigma, una figura costruita più per suggestionare che per essere compresa.
Un esempio emblematico è la scena del discorso in Parlamento dopo l'omicidio Matteotti. Marinelli domina con una presenza quasi ipnotica, ma la tensione emotiva di quel momento non si traduce in un vero approfondimento psicologico. Non è Mussolini uomo che vediamo, ma Mussolini mito.


Joe Wright: Una Regia che Divide
Joe Wright è un regista che ama il dettaglio, e questo si nota in ogni inquadratura di M - Il Figlio del Secolo. La Milano del primo dopoguerra prende vita attraverso una fotografia impeccabile, firmata da Seamus McGarvey, che alterna chiaroscuri drammatici a esplosioni di luce che sembrano voler illuminare il lato oscuro del potere. Ma è proprio questa attenzione alla forma che, paradossalmente, diventa un limite.
La regia e la struttura della serie appaiono più vicine al teatro che al cinema o alla televisione. Le scene chiave sono costruite come atti teatrali, con dialoghi che spesso sembrano più declamati che vissuti. Un esempio è l'incontro tra Mussolini e Gabriele D'Annunzio, interpretato da un magnetico Paolo Pierobon. I due si affrontano con una tensione palpabile, ma la scena, pur visivamente potente, risulta rigida, quasi scolastica, più una rappresentazione che un'esperienza narrativa viva.
Questo approccio frammentario e solenne, che alterna episodi scollegati tra loro, finisce per appesantire il ritmo e sottrarre dinamicità alla serie. È una scelta che può affascinare lo spettatore più paziente, ma che rischia di alienare chi cerca un racconto più coeso e coinvolgente.
Il Cast: La Salvezza della Narrazione
Se M - Il Figlio del Secolo riesce a mantenere vivo l'interesse, il merito va al cast, che riesce a dare spessore e umanità ai personaggi, compensando le carenze di una scrittura che si ferma troppo spesso alla superficie.
Barbara Chichiarelli, nel ruolo di Margherita Sarfatti, è magnetica. La sua Sarfatti è una donna complessa, un'intellettuale che ama e sfida Mussolini, ma che finisce per essere tradita sia come donna che come ebrea. "Tu non sei un uomo, sei un'idea," gli dice in una scena che brucia di rabbia e disillusione.
Francesco Russo, nei panni di Cesare Rossi, offre una performance altrettanto convincente. La sua interpretazione cattura la tensione di un uomo intrappolato in un rapporto di "amicizia tossica" con Mussolini, una dinamica che diventa metafora di un intero Paese sedotto e poi tradito.
Infine, Gaetano Bruno, nel ruolo di Giacomo Matteotti, regala uno dei momenti più intensi della serie. Il suo ultimo discorso in Parlamento è un grido di resistenza che risuona con forza, un momento che, pur nella sua solennità, riesce a toccare corde emotive profonde.


Una Narrazione Seducente ma Superficiale
M - Il Figlio del Secolo si propone di esplorare le radici del fascismo e il populismo che lo ha alimentato, ma lo fa senza mai andare davvero oltre la superficie. La serie mostra gli eventi, li illustra con eleganza, ma evita di scavare nelle dinamiche sociali, culturali e psicologiche che hanno reso possibile l'ascesa di Mussolini.
La scena in cui il Duce osserva i cortei dalla finestra del suo studio è un'immagine potente, ma isolata. Non c'è un vero tentativo di collegare i singoli episodi in un discorso più ampio e coeso. È come se la serie avesse paura di sporcarsi le mani con le complessità del contesto storico, preferendo rimanere su un piano estetico e simbolico.
Conclusione: Un Prodotto che Divide
M - Il Figlio del Secolo è un'opera che affascina ma non convince del tutto. È un prodotto visivamente straordinario, sostenuto da un cast eccezionale, ma la sua struttura frammentaria e la superficialità con cui affronta i temi più complessi ne limitano l'impatto.
La scena finale, con Mussolini che rompe ancora una volta la quarta parete, è un'immagine forte, ma anche sintomatica dei limiti della serie: un'opera che seduce ma non approfondisce, che ci invita a riflettere senza mai guidarci davvero verso una comprensione più profonda.

Sasha Bazzov