La prima immagine di Gesù

La prima immagine di Gesù: tra la testa d'asino e il Buon Pastore

Quando parliamo della prima rappresentazione di Gesù Cristo, ci troviamo davanti a una storia che è tutto fuorché semplice. Perché, udite udite, la più antica immagine conosciuta di Gesù non è un'icona religiosa venerata dai cristiani, bensì una caricatura irriverente. Siamo nel II secolo d.C., e qualcuno – probabilmente un pagano con poca simpatia per questa nuova setta che adorava un Dio crocifisso – ha graffito su un muro del Palatino, a Roma, una figura umana inchiodata a una croce, ma con una testa d'asino al posto di quella umana. Accanto, in greco, leggiamo: "Alessameno adora il suo Dio."

Questo disegno, noto come Graffito di Alessameno, è una provocazione più che un'opera d'arte. Ma perché la testa d'asino? La spiegazione affonda le radici nell'antichità. I romani e i greci, spesso ostili verso gli ebrei e i cristiani, avevano diffuso la leggenda secondo cui gli ebrei adorassero un asino nel deserto. Una falsità, certo, ma che venne sfruttata per ridicolizzare i cristiani, percepiti come una strana e quasi ridicola estensione del giudaismo. Il graffito è dunque un attacco diretto: l'autore voleva sbeffeggiare la fede di Alessameno, forse un cristiano che viveva o lavorava nella zona, accusandolo di adorare un Dio assurdo e animale.

Ma questa immagine, per quanto antica, non ci racconta nulla di come i cristiani stessi vedevano Gesù. Per trovare la prima rappresentazione autenticamente cristiana, dobbiamo spostarci al secolo successivo, nel cuore del III secolo d.C., nelle catacombe di Domitilla, sempre a Roma. Qui, tra le mura di un cubicolo funebre, troviamo l'affresco che raffigura Gesù come il Buon Pastore: un giovane senza barba, con un agnello sulle spalle e un bastone in mano. È un'immagine che non parla di croci o sofferenze, ma di cura e protezione. Il pastore, simbolo di guida e conforto, era già presente nell'arte pagana, associato al dio Hermes. I cristiani lo reinterpretarono, trasformandolo in un'immagine di Cristo che protegge e guida i suoi fedeli, le sue "pecore".

Perché un Gesù senza barba? Beh, nel III secolo, il giovane imberbe era l'emblema della purezza e della vitalità. Pensate ad Apollo, il dio della luce, o agli eroi della mitologia greca: rappresentavano l'ideale di bellezza e perfezione. Ecco, per i cristiani dell'epoca, Gesù non era molto diverso: un pastore giovane e forte, capace di guidare l'anima dei credenti verso un destino eterno.

Quindi, potremmo dire che il graffito del Palatino e l'affresco delle catacombe sono due facce della stessa medaglia. Da una parte, la satira di un mondo pagano che non capiva (e temeva) il cristianesimo nascente; dall'altra, l'immagine di una comunità che inizia a rappresentare il proprio Dio in modo simbolico e universale. Ecco il bello della storia: anche quando sembra contraddirsi, in realtà ci racconta sempre una verità più complessa.

Così, la prossima volta che pensate a Gesù, immaginatelo per un momento nelle sue due prime "veste iconografiche": crocifisso con una testa d'asino, vittima di scherno, e poi come un giovane pastore che cammina con un agnello sulle spalle. Sono due immagini agli antipodi, ma entrambe raccontano qualcosa di profondo sul mondo in cui il cristianesimo ha mosso i suoi primi passi. Non è incredibile?

Maurizio Potenza

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