Capitolo 4: Il Cristianesimo delle origini: Quando la fede era un'app in versione beta

Nel bel mezzo del primo secolo d.C., l'Impero Romano domina gran parte del mondo conosciuto, le strade sono piene di carri trainati da cavalli, e l'idea di mangiare una pizza hawaiana è ancora lontana secoli. In questo contesto, una nuova religione sta emergendo, crescendo come un seme piantato in un terreno fertile. Benvenuti nel mondo del cristianesimo delle origini, un'epoca tumultuosa, confusa e assolutamente affascinante.

Tutto inizia a Gerusalemme, dove un gruppo di seguaci di Gesù, ancora sotto shock per la sua crocifissione e la sua presunta resurrezione, decide di continuare la sua missione. È come se fossero una start-up che ha appena perso il suo fondatore visionario, ma invece di chiudere i battenti, decidono di portare avanti l'azienda, e gli apostoli, guidati da Pietro (che passa dall'essere un pescatore a diventare il CEO spirituale della nuova fede), iniziano a predicare per le strade di Gerusalemme.

Le prime comunità cristiane sono un esperimento sociale affascinante. Immaginate una fusione tra una comune hippie, un ritiro spirituale e un gruppo di prepper apocalittici. Gli "Atti degli Apostoli" ci dipingono un quadro quasi idilliaco di queste comunità, dove tutti condividono tutto e vivono in perfetta armonia, in una sorta di comunismo cristiano duemila anni prima di Marx, ma con meno manifesti e molte più preghiere.

Queste prime comunità si riuniscono nelle case private, trasformando le normali abitazioni in veri e propri centri di culto e condivisione. L'atrio è pieno di sandali (perché anche allora c'era sempre qualcuno che si dimenticava di togliersi le scarpe), l'odore di pane appena sfornato riempie l'aria, e nel triclinio (l'antica sala da pranzo romana) un gruppo di persone sta condividendo un pasto mentre discute animatamente dell'ultima predica di Pietro.

La "Frazione del Pane", come veniva chiamata l'Eucaristia, era il momento centrale di questi incontri. Era come un mix tra una cena di famiglia, un servizio religioso e una seduta spiritica, dove i partecipanti credevano di entrare in comunione non solo tra di loro, ma anche con Cristo stesso. Luci soffuse delle lampade a olio, il capofamiglia che spezza il pane e passa il calice di vino, mentre tutti ricordano le parole di Gesù all'Ultima Cena. È come se ogni settimana riproducessero il finale di una serie TV drammatica, ma con conseguenze eterne. Ma non era tutto pace, amore e fantasia in queste prime comunità. Come in ogni famiglia allargata, c'erano discussioni e disaccordi: gli "Atti degli Apostoli", ad esempio, ci raccontano di litigi tra cristiani di origine ebraica e quelli di origine greca sulla distribuzione del cibo alle vedove. Ma nonostante questi problemi, le comunità cristiane continuavano a crescere e a diffondersi, come se avessero trovato la formula perfetta per un social network ante litteram: un senso di appartenenza, un messaggio di speranza, e la promessa di una vita migliore (in questo caso, eterna).

La diffusione del cristianesimo nell'Impero Romano è un fenomeno affascinante. Immaginate un meme virale che si diffonde non attraverso Internet, ma attraverso le rotte commerciali dell'impero. I cristiani erano come influencer, diffondendo il loro messaggio di porta in porta, di città in città, in un tour promozionale per il lancio di un nuovo prodotto rivoluzionario.

Ma non pensate che la vita dei primi cristiani fosse tutta condivisione e canti. Le persecuzioni erano all'ordine del giorno, sia da parte dei Giudei che dei Romani. Era come essere il secchione della scuola, preso di mira sia dai bulli che dagli insegnanti. I Romani, in particolare, avevano un talento speciale per trasformare i cristiani in torce umane o spuntini per leoni. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, il cristianesimo continuava a prosperare, e le tante persecuzioni divennero involontariamente il miglior programma di marketing per la nuova fede: "Vieni da noi! Potresti essere mangiato da un leone, ma avrai la vita eterna!"

Con la crescita del movimento, iniziano a emergere diverse interpretazioni della fede: abbiamo gli gnostici, che pensano di avere una conoscenza segreta che li rende più fighi degli altri cristiani. Poi ci sono i doceti, che credono che Gesù fosse solo apparentemente umano, come una sorta di ologramma, tipo la principessa Leia in Star Wars, ma con più miracoli e meno "Aiutami, Obi-Wan Kenobi". E non dimentichiamo i marcioniti, che vogliono buttare via tutto l'Antico Testamento come se fosse la prima stagione imbarazzante di una serie TV: "Nah, la storia inizia davvero con Gesù. Tutto quello che è venuto prima? Mai sentito parlarne."

Per affrontare queste eresie e cercare di mettere un po' d'ordine nel caos teologico, la Chiesa inizia a organizzare concili, in una combinazione rissosa tra le Nazioni Unite, un torneo di scacchi e una sfuriata da bar, il tutto con implicazioni eterne. Il Concilio di Nicea del 325 d.C. è particolarmente famoso: qui, i vescovi discutono sulla natura di Cristo con la stessa intensità con cui i fan discutono se Han Solo abbia sparato per primo. Il risultato è il Credo Niceno, una sorta di "riassunto per pigri" della fede cristiana.

Il cristianesimo delle origini è un periodo di incredibile fermento, creatività e, ammettiamolo, un bel po' di confusione. È come se la Chiesa stesse cercando di assemblare un mobile IKEA cosmico senza istruzioni, solo con alcuni appunti criptici e un sacco di entusiasmo. Chissà cosa avrebbe pensato Gesù se avesse saputo che la sua piccola start-up spirituale sarebbe diventata una multinazionale della fede. Probabilmente avrebbe detto: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno... ma ehi, almeno lo stanno facendo con stile!"

Gli Atti degli Apostoli: il primo reality show spirituale della storia

Gli "Atti degli Apostoli" sono essenzialmente il diario di bordo della Chiesa nascente. È come se Luca, l'autore, fosse il vlogger ufficiale dei predicatori, documentando le loro avventure mentre cercano di diffondere il messaggio di Gesù in un mondo che non sempre è pronto, o voglioso, ad ascoltarlo.

Il libro inizia con un'ascensione (quella di Gesù) che farebbe impallidire qualsiasi effetto speciale di Hollywood, e prosegue con la Pentecoste, un evento che potremmo definire come il primo flash mob spirituale della storia. Gli apostoli, improvvisamente, iniziano a parlare in lingue diverse, creando una scena che dev'essere stata un mix tra la Torre di Babele e un convegno internazionale di interpreti. Da lì, seguiamo principalmente le avventure di Pietro e Paolo (che fa il suo ingresso in scena come Saulo, il cattivo redento, in una conversione che rivaleggia con qualsiasi colpo di scena di Game of Thrones). Pietro guarisce i malati, resuscita i morti ed evade persino di prigione con l'aiuto di un angelo - è praticamente l'equivalente biblico di un supereroe Marvel. Paolo, d'altra parte, è come il protagonista di un road movie spirituale. Viaggia per tutto il Mediterraneo, fondando chiese, scrivendo lettere e occasionalmente finendo in prigione. Gli Atti sono pieni di momenti memorabili: c'è Paolo che predica così a lungo che un ragazzo si addormenta e cade da una finestra (spoiler: Paolo lo resuscita). C'è Pietro che ha una visione di un lenzuolo pieno di animali "impuri", che è fondamentalmente Dio che gli dice "Ehi, allarga un po' i tuoi orizzonti culinari... e spirituali".

Ma gli Atti non sono solo una collezione di aneddoti divertenti. Sono anche un resoconto di come la Chiesa primitiva abbia affrontato le sue prime grandi sfide. C'è il Concilio di Gerusalemme, che è essenzialmente il primo grande meeting aziendale, dove si decide se i gentili convertiti debbano seguire la legge ebraica oppure no.

Gli Atti ci mostrano anche le prime persecuzioni dei cristiani. È come vedere i primi episodi di una serie TV dove i protagonisti sono ancora gli underdog, lottando contro un sistema che non li capisce: c'è drammaticità, c'è pericolo, ma c'è anche un senso di eccitazione e possibilità.

Gli "Atti degli Apostoli" sono come il dietro le quinte della nascita del Cristianesimo. Se i Vangeli sono il manifesto ideologico, gli Atti sono il manuale operativo, il "Come Fondare una Religione Mondiale in pochi passi". Ci mostrano che anche i più grandi movimenti spirituali iniziano con un gruppo di persone normali che cercano di capire cosa fare dopo che il loro leader se n'è andato (letteralmente) in cielo.

Il Concilio di Gerusalemme: il primo grande dibattito della Chiesa

Il movimento sta crescendo più velocemente di un influencer ballerino su TikTok, ma c'è un piccolo problema: nessuno sa esattamente quali siano le regole del gioco. È in questo scenario che entra in scena il Concilio di Gerusalemme, il primo grande summit della Chiesa, svoltosi intorno all'anno 50 d.C. Era come il primo grande meeting aziendale della start-up "Cristianesimo S.p.A.", solo che invece di discutere di quote di mercato, si dibatteva sul destino eterno delle anime. Il problema principale era questo: i gentili (cioè i non ebrei) che si convertivano al cristianesimo dovevano seguire la legge mosaica? In altre parole, dovevano farsi circoncidere e seguire tutte le regole alimentari ebraiche per poter essere considerati veri cristiani? Era come se oggi ci chiedessimo se per essere veri fan di una band bisogna per forza comprare il merchandising ufficiale e conoscere a memoria tutte le canzoni. Da un lato c'erano i "tradizionalisti", guidati da alcuni farisei convertiti, che sostenevano che sì, per essere cristiani bisognava prima diventare ebrei. Dall'altro lato c'erano i "progressisti", guidati da Paolo e Barnaba, che dicevano: "Dai, ragazzi, non esageriamo con le richieste, altrimenti qui non si converte più nessuno!". Il dibattito era così acceso che Paolo e Barnaba decisero di fare un viaggio a Gerusalemme per consultarsi con gli apostoli e gli anziani, proprio come se due manager di una filiale decidessero di fare un viaggio alla sede centrale per chiarire la politica aziendale.

A Gerusalemme si tenne quello che potremmo definire il primo grande brainstorming religioso. Pietro, che a questo punto era una specie di CEO spirituale, si alzò e disse qualcosa del tipo: "Ragazzi, ricordiamoci che Dio ha dato lo Spirito Santo anche ai gentili. Chi siamo noi per mettere un fardello che nemmeno noi siamo riusciti a portare?". Poi si alzò Giacomo (non l'apostolo, ma il fratello di Gesù, che a questo punto era una specie di presidente del consiglio di amministrazione della Chiesa di Gerusalemme) e propose un compromesso. Disse più o meno: "Okay, non obblighiamo i gentili a seguire tutta la legge mosaica, ma chiediamo loro di evitare alcune cose che potrebbero urtare la sensibilità dei credenti di origine ebraica". Era come proporre un dress code aziendale minimo: niente infradito in ufficio, ma per il resto vestiti come ti pare. Alla fine, il Concilio decise di inviare una lettera a tutte le chiese gentili dicendo: "Ragazzi, buone notizie! Non dovete farvi circoncidere o seguire tutte le leggi alimentari ebraiche, però, per favore, evitate la carne offerta agli idoli, il sangue, gli animali soffocati e l'immoralità sessuale". Questa decisione fu rivoluzionaria. Era come se la Chiesa avesse deciso di passare da un sistema operativo chiuso a uno open source: improvvisamente, il cristianesimo diventava accessibile a tutti, senza bisogno di passare prima attraverso il "firewall" del giudaismo.

Il Concilio di Gerusalemme fu un momento cruciale per la Chiesa primitiva. Dimostrò la sua capacità di adattarsi e evolversi, di affrontare le controversie attraverso il dialogo e il compromesso, e fu il primo esempio di come l'organizzazione potesse navigare tra tradizione e innovazione, tra il rispetto per le proprie radici e l'apertura verso nuovi orizzonti.

Gesù: da ebreo mediorientale a supermodello Nordico

Ma per quale oscuro motivo, nel nostro immaginario europeo, quell'umile falegname giudeo ha preso le sembianze di un belloccio caucasico con gli occhi azzurri e i capelli biondi? È il miracolo della trasfigurazione... artistica!

Cominciamo con i fatti, gente. Gesù nacque intorno al 4 a.C. a Betlemme, in Palestina. Probabilmente aveva la pelle olivastra, i capelli scuri e ricci, e gli occhi marroni. Insomma, più vicino a un abitante di Nazareth (che strano!) che a un vikingo svedese. Ma poi, qualcosa di magico è accaduto. No, non stiamo parlando della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma della moltiplicazione dei filtri Instagram celesti!

Graffito di Alessameno
Graffito di Alessameno

Il processo di "sbiancamento" di Gesù è iniziato quasi subito dopo la sua morte, intorno al 30-33 d.C. È come se la Chiesa primitiva avesse deciso: "Ehi, questo ragazzo mediorientale potrebbe non fare presa sul mercato europeo. Che ne dite se lo rendiamo un po' più... "relatable" per i nostri potenziali convertiti?" Ma facciamo un passo indietro. La primissima rappresentazione conosciuta di Gesù? Tenetevi forte, perché non è esattamente quello che vi aspettereste. Stiamo parlando del graffito di Alessameno, datato intorno al 200 d.C. e scoperto nel 1857 sul Palatino a Roma. E indovinate un po'? Mostra Gesù... con la testa di un asino! Sì, un asino. La prima immagine di Gesù lo ritrae come un ibrido uomo-asino crocifisso. È come se i primi cristiani avessero deciso di iniziare con il piede sbagliato nel dipartimento PR, e dato il via, involontariamente, al concetto di bestemmia.

Ma non temete, le cose migliorarono rapidamente. Nel III secolo, nelle catacombe di Roma, iniziamo a vedere le prime rappresentazioni "serie" di Gesù. E indovinate un po'? Sembra un giovane pastore romano senza barba, stereotipo del ragazzo latino nell'immaginario letterario dell'epoca. E così, come per magia, Gesù iniziò a perdere la sua abbronzatura mediorientale. Nel IV secolo, con l'imperatore Costantino che rese il cristianesimo religione ufficiale dell'Impero Romano nel 313 d.C., Gesù era già diventato più pallido di un vampiro vegetariano. I suoi capelli? Improvvisamente lisci e spesso biondi. Gli occhi? Blu come il cielo in una giornata senza smog. Prendiamo per esempio il mosaico di Cristo Pantocratore nella basilica di Santa Pudenziana a Roma, datato intorno al 390 d.C. Questo Gesù ha già fatto un bel passo avanti nel suo percorso di "europeizzazione". Capelli lunghi, barba curata, sguardo solenne... sembra più un filosofo greco che un predicatore ebreo, seguendo lo stile greco che iniziava ad andare tanto di moda in quel periodo.

Cristo Pantocratore nella basilica di Santa Pudenziana a Roma
Cristo Pantocratore nella basilica di Santa Pudenziana a Roma
Cristo Pantocratore del monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai
Cristo Pantocratore del monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai

E che dire del famosissimo Cristo Pantocratore del monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai, datato VI secolo? Questo Gesù ha un look così intenso che sembra pronto per un provino di "Uomini e donne". Con quegli occhi penetranti e quella barba perfettamente tagliata, potrebbe facilmente passare per un nobile bizantino, più a suo agio su di un trono imperiale piuttosto che in una mangiatoia.

Ma la cosa più divertente è che Gesù non si è fermato qui nella sua trasformazione, adattandosi senza remore a ogni mercato: in Cina, durante la Dinastia Ming (1368-1644), i missionari gesuiti come Matteo Ricci introdussero rappresentazioni del Cristo con tratti asiatici, un Gesù con gli occhi a mandorla che pratica il tai chi invece di camminare sull'acqua! In Etiopia, le icone copte del XV secolo mostrano un Cristo dalla pelle scura, e in Corea del Sud? Beh, là Gesù sfoggia una perfetta "skincare routine": avete mai visto un Gesù coreano con i brufoli? Impossibile!

Ma il premio per la rappresentazione più improbabile va forse al "Gesù biondo surfista" popolarizzato dall'artista Stephen Sawyer negli anni '90. Questo Gesù sembra più pronto a cavalcare le onde di Malibu che a predicare sul Monte degli Ulivi. È il tipo di Gesù che ti aspetti di vedere con una tavola da surf sotto il braccio mentre dice: "Dude, ama il tuo prossimo come ami te stesso... e ricordati di mettere la crema solare!"

Gesù di Stephen Sawyer
Gesù di Stephen Sawyer
Gesù e Maria - Giudizio Universale - Cappella Sistina
Gesù e Maria - Giudizio Universale - Cappella Sistina
Gesù - Popular Mechanics
Gesù - Popular Mechanics

Infine, il Gesù muscoloso del Rinascimento. Michelangelo, con il suo affresco del "Giudizio Universale" nella Cappella Sistina (1536-1541), decise che il Figlio di Dio doveva avere gli addominali scolpiti da chissà quante panche e creatina. Perché, ovviamente, quando passi 40 giorni nel deserto a digiunare, la prima cosa che succede è che sviluppi un fisico da culturista, no?

Naturalmente, non tutti hanno accettato questa versione "arianizzata" del Salvatore, e ci sono stati diversi tentativi di riportare Cristo alle sue radici mediorientali. Nel 2001, la rivista "PopularMechanics" collaborò con esperti forensi e archeologi per creare una ricostruzione più accurata del volto di Gesù. Il risultato? Un uomo con la pelle olivastra, i capelli ricci e scuri, e una barba corta.

La trasformazione iconografica di Gesù da ebreo mediorientale a pin-up nordico è forse il più grande esempio di appropriazione culturale della storia. La Chiesa, anticipando la "cultura woke" di duemila anni, aveva deciso, senza nemmeno tanta premeditazione, di creare un Salvatore su misura per ogni epoca e cultura, dalla testa d'asino al surfista californiano. Se non è marketing questo...

"Padre, perdona loro perché non sanno quello che dipingono!"

Maurizio Potenza


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