
Assassinio sul Tevere - Il Maresciallo Giraldi
Delitto al buio
Roma, fine anni '70. Trastevere è il cuore pulsante della città eterna, un labirinto di vicoli stretti, sampietrini consumati e facciate scrostate dal tempo. Di giorno, un quartiere di artisti e botteghe, di vecchi che giocano a carte sotto i platani. Di notte, invece, cambia volto. Le ombre si allungano sui muri, le voci si abbassano, le serrande si chiudono un po' prima. È una Roma che vive due vite, una alla luce del sole, l'altra nascosta tra le pieghe di un passato che non passa mai davvero.
Sul Tevere, ancorato alla riva come un relitto, c'è un vecchio barcone trasformato in stabilimento balneare. Un luogo di ritrovo per pochi eletti, uomini d'affari, imprenditori, politici. Lo chiamano "La Famiglia Tiberina". Un nome che evoca tradizione, appartenenza, ma che in realtà è solo una facciata. Qui si stringono accordi, si scambiano favori, si prendono decisioni che nessuno deve sapere. È un circolo chiuso, un club esclusivo dove tutto si compra e si vende.
Quella notte, il barcone ospita una delle solite riunioni. Sette uomini attorno a un tavolo, il Tevere che scorre lento accanto a loro. Ci sono il proprietario, Er Pinna, un uomo di poche parole e molti debiti. C'è Bonardi, l'antiquario, un commerciante che sa sempre come far girare le cose a suo favore. C'è Laurenzi, il deputato, un uomo che ha imparato l'arte di sopravvivere tra i palazzi del potere. Sabatucci, il manager sportivo, Nardelli, l'impresario, Moretti, l'ingegnere dell'ENEL. E poi lui, Manfredo Ruffini, imprenditore edile, uomo d'affari con più ombre che luci. Uno che ha fatto fortuna con il cemento, con gli appalti, con le conoscenze giuste. E che quella sera non sa che sta per morire.
Tutto scorre come sempre. Discussioni, battute, qualche bicchiere di troppo. Poi, all'improvviso, la luce si spegne. Un blackout improvviso. Secondi che sembrano eterni, il respiro trattenuto di sette uomini che restano immobili nel buio. Nessuno vede nulla. Nessuno sente nulla. Poi, la corrente torna. E Manfredo Ruffini è morto.
Pugnalato alle spalle. Un colpo secco, preciso, letale. Nessun grido, nessun rumore. Solo un corpo senza vita al centro della sala. Gli altri sei lo guardano, fermi, immobili. Il coltello ancora conficcato tra le scapole. Silenzio. Uno di loro è l'assassino. Ma nessuno parla. Nessuno si muove. Solo sguardi tesi, mani che si stringono nervose sui braccioli delle sedie.
È un caso che sembra già scritto, uno di quelli destinati a finire in un cassetto, tra scartoffie e verbali pieni di mezze verità. Un arresto di facciata, qualche dichiarazione di circostanza, poi il tempo che copre tutto. Ma questa volta c'è un uomo che non ha intenzione di lasciar perdere.
Il maresciallo Nicola "Nico" Giraldi. Ex ladro, ex borgataro, cresciuto tra le strade di una Roma che non perdona. Uno che conosce la città meglio di chiunque altro, che sa riconoscere la paura negli occhi di chi mente. Non porta la divisa, non usa i modi garbati della polizia, ma ottiene risultati. E questa volta, con un morto eccellente e un gruppo di uomini che sanno più di quello che dicono, sa che la verità è nascosta proprio lì, tra le ombre di Trastevere, nei silenzi di chi ha troppo da perdere.
Un passato burrascoso, un presente da incubo
Nico Giraldi non è un poliziotto qualunque. Non è uno di quelli con la divisa impeccabile, il fascicolo sempre in ordine e la carriera costruita a tavolino. No, lui arriva dalla strada, dai vicoli di Roma, da un passato che molti preferirebbero dimenticare. Lo chiamavano Nico er Pirata, un soprannome che si porta dietro dai tempi in cui viveva di espedienti, di piccole rapine, di fughe nei vicoli stretti e bui della città. Ma poi qualcosa è cambiato. Forse un errore di troppo, forse una promessa fatta a qualcuno, forse solo la consapevolezza che la galera era dietro l'angolo. Qualunque sia stata la ragione, Nico ha scelto un'altra strada. E quella scelta lo ha portato qui.
Ora è uno dei migliori investigatori della capitale. Uno che non segue sempre le regole, ma che ottiene risultati. Che conosce i criminali perché un tempo era uno di loro. Che sa riconoscere una bugia prima ancora che venga detta. E ora, davanti al cadavere ancora caldo di Manfredo Ruffini, sente che qualcosa non torna.
Il primo sospettato è Er Pinna, il proprietario del barcone. Un uomo di poche parole e molti debiti. Un uomo che ha conosciuto tempi migliori e che ora cerca solo di restare a galla mentre il mondo intorno a lui cambia troppo in fretta. E poi c'è un dettaglio che nessuno può ignorare: le cambiali. Un mucchio di soldi che Er Pinna doveva a Ruffini. E si sa, quando i soldi entrano in gioco, le persone muoiono.
Tutto punta a lui. Troppo facile. Troppo pulito. Una pista perfetta, troppo perfetta. E Nico lo sa bene: a Trastevere, quando tutto sembra chiaro, è perché qualcuno sta nascondendo qualcosa.
La rete di menzogne
La Famiglia Tiberina è il fulcro dell'indagine. Sette uomini legati da affari, favori e segreti troppo pesanti per essere rivelati. Gente che sorride nelle cene di gala, che stringe mani nei palazzi del potere, che gioca a carte con la criminalità senza mai sporcarsi direttamente le mani. Ruffini non era solo un imprenditore, era un uomo che sapeva troppo. E chi sa troppo, a Roma, non muore di vecchiaia.
Nico lo sa, e sa anche che in una storia come questa nessuno è innocente. C'è Bonardi, antiquario con lo sguardo sfuggente e le mani che odorano di affari illeciti. Un uomo che compra e vende pezzi di storia, ma che ha capito da tempo che il vero guadagno sta nel traffico di informazioni. Sa cose. Troppe cose. Poi c'è Sabatucci, manager sportivo dal passato torbido, uno che si muove tra incontri truccati e scommesse clandestine. Pochi giorni prima della morte di Ruffini, i due avevano litigato. Un litigio vero, di quelli che restano addosso. E in questa città, i rancori non si dimenticano facilmente.
Laurenzi è un altro nome sulla lista. Deputato, faccia pulita e anima marcia. Uno che ha più scheletri nell'armadio che voti in Parlamento. Sa di essere nei guai, e appena sente odore di indagine, è già pronto a prendere il primo volo per la Grecia. Un uomo che scappa è un uomo che ha qualcosa da nascondere. E poi c'è Amedeo Secchi, l'ex guardia del corpo di Ruffini. Un uomo pericoloso, abituato a muoversi nell'ombra. Uno che conosce le regole del gioco, che sa quando è il momento di parlare e, soprattutto, quando è il momento di stare zitto.
Nico li interroga uno a uno. Li guarda negli occhi, li mette alle strette. Fa domande semplici, apparentemente banali, ma attende le risposte con la pazienza di chi sa che, prima o poi, qualcuno cadrà in contraddizione. Ma ogni parola sembra studiata, ogni frase pesa come un macigno. Ognuno ha una versione, ognuno ha un alibi. Ogni pista porta a un vicolo cieco. E più Nico scava, più si rende conto che questo non è solo un omicidio. È una rete di menzogne, costruita con cura, pronta a crollare al primo errore.
L'intuizione
Mentre l'indagine si complica, Nico capisce che qualcuno vuole fermarlo. Non è solo una sensazione, è una certezza. Lo capisce quando, mentre sta interrogando l'ingegner Moretti alla centrale elettrica, qualcuno manomette i quadri di controllo. Un'esplosione improvvisa, un fascio di cavi che schizzano come serpenti impazziti, una scarica elettrica che sfiora di un soffio il maresciallo. Troppo preciso per essere un incidente.
Poi arriva l'aggressione. Tre uomini, facce anonime, mani esperte. Lo aspettano in un vicolo, nel cuore della notte. Nessuna parola, solo pugni. Colpi secchi, mirati, professionali. Lo vogliono mettere fuori gioco, non ucciderlo. Non ancora. Ma Nico non è il tipo che si lascia intimidire. Si rialza. Sempre.
E poi, all'improvviso, arriva l'intuizione. Un dettaglio che all'inizio sembrava insignificante. Un blackout nel momento esatto dell'omicidio. Un coltello piantato con una precisione chirurgica. Un alibi che non regge.
Nico si ferma. Rivede la scena nella sua mente. Il barcone, la riunione, la corrente che si interrompe per pochi attimi. Il buio. E poi, la luce che torna e il cadavere di Manfredo Ruffini al centro della stanza. Tutti sospettano i soci. Troppi affari sporchi, troppi nemici. Ma è proprio questo il problema. È troppo ovvio.
L'assassino non è uno di loro. L'assassino non era seduto a quel tavolo.
È molto più vicino di quanto chiunque potesse immaginare. È sua moglie, Eleonora Ruffini.
La verità dietro il delitto
Eleonora Ruffini è una donna che sa esattamente cosa vuole. E sa come ottenerlo. Affascinante, elegante, con un sorriso che nasconde più di quanto riveli. È abituata a essere al centro dell'attenzione, a manipolare, a muovere i fili senza che nessuno se ne accorga. Ma dietro la maschera della moglie devota, si nasconde qualcosa di molto più oscuro.
Con l'aiuto del suo amante, Amedeo Secchi, la sua ex guardia del corpo, ha orchestrato un piano perfetto. Un omicidio studiato nei minimi dettagli, eseguito con la freddezza di chi sa che non può permettersi errori. Il blackout è stata la chiave. Una manovra precisa, sincronizzata. Pochi secondi di buio, il tempo necessario perché Eleonora si avvicinasse al marito, il coltello nascosto tra le mani. Un abbraccio, un colpo secco, letale. Poi, con una calma glaciale, è tornata indietro, ha attraversato il fiume, è entrata in casa come se nulla fosse. E quando la luce è tornata, era già una vedova inconsolabile.
Ma Nico smonta il piano pezzo dopo pezzo. Senza fretta, senza concedere tregua. Ricostruisce i movimenti di Eleonora, trova le incongruenze, scava nelle sue bugie. E poi c'è Secchi. Un uomo che ha sempre saputo muoversi nell'ombra, ma che stavolta ha lasciato tracce. Una telefonata, un incontro, un piccolo errore che nessuno aveva previsto.
Quando finalmente li affronta, il castello di menzogne crolla. Eleonora cerca di mantenere la calma, ma gli occhi la tradiscono. Secchi prova a resistere, ma Nico lo incalza, lo stringe in un angolo, gli lascia un'unica via d'uscita: confessare.
E alla fine, crollano entrambi.
La resa dei conti
L'arresto di Eleonora Ruffini e Amedeo Secchi chiude il caso, ma non cancella le ombre che ha lasciato dietro di sé. Roma è una città che ricorda, anche quando finge di dimenticare. Il Delitto di Trastevere finirà sui giornali per qualche settimana, nei salotti bene si sussurrerà il nome di Eleonora con un misto di scandalo e ipocrisia, e poi tutto scivolerà nel silenzio. Ma per Nico Giraldi, questo non è solo un altro caso risolto. È un'altra ferita, un altro pezzo di verità strappato a fatica da sotto le macerie della menzogna.
Il giorno dell'arresto, l'aria sa di pioggia. Eleonora non dice una parola mentre la portano via. Indossa un tailleur impeccabile, il trucco leggero, lo sguardo fisso nel vuoto. Non piange, non supplica. Lei sa come funziona questo gioco. Ha perso, ma non darà mai a nessuno la soddisfazione di vederla crollare. Secchi, invece, è un'altra storia. Lui si dibatte, impreca, prova a resistere fino all'ultimo secondo. Ma la verità è più forte di lui. E quando gli mettono le manette ai polsi, è finita.
Nico guarda la scena da lontano, con una sigaretta accesa e il bavero del cappotto alzato. Non prova soddisfazione. Non c'è gloria in tutto questo. Solo un'altra storia di avidità, di potere, di sangue versato per il solito, banale motivo: il denaro. Ruffini sapeva troppo, ma non abbastanza da salvarsi. Eleonora voleva tutto, e ora non ha più nulla. E Secchi? Lui ha solo sbagliato a fidarsi della persona sbagliata.
Il Delitto di Trastevere non è solo un caso chiuso. È una lezione. Perché in una città come Roma, dove ogni angolo ha una storia, dove ogni vicolo è un labirinto di segreti, la verità è sempre più complicata di quanto sembri.
E Nico lo sa bene. Perché il suo lavoro non è solo risolvere crimini. È guardare nell'oscurità, scovare quello che nessuno vuole vedere, riportare in superficie quello che tutti vorrebbero seppellire. Sempre.
Sasha Bazzov