American Gigolò (1980, Paul Schrader)


Regista: Paul Schrader

Genere: Thriller, Drammatico

Anno: 1980

Paese: USA

Durata: 117 min

Con Richard Gere, Nina Van Pallandt, Lauren Hutton, Hector Elizondo 


Descrizione

Nel tessuto urbano di Los Angeles, dove la realtà si cristallizza in una patina artificiale più lucida di un presepe in plastica, Schrader trasforma il mestiere più antico del mondo in un'odissea esistenziale. Tra motel di lusso e ville hollywoodiane, si dipana un dramma in haute couture dove auto sportive sfrecciano come totem fallici su asfalto rovente.

Julian Kaye, interpretato da un Richard Gere levigato come marmo di Carrara, naviga questo mare di opulenza con l'eleganza studiata di chi ha fatto della propria carne una merce di lusso. Al suo fianco, Michelle Stratton emerge dal torpore borghese con la grazia ferina di una gazzella assetata, incarnata da una Lauren Hutton che trasforma ogni sospiro in poesia muta.

In questo universo dove gli abiti firmati costano quanto il tesoro di un sultanato, Julian piega le sue camicie con la meticolosità di un orologiaio svizzero, mentre "Call Me" dei Blondie scandisce i rituali della sua professione. «Lo faccio per soldi», confessa, in un momento di nuda verità che vale più dei suoi vestiti griffati. Ma l'equilibrio si spezza quando un omicidio getta la sua ombra su questo mondo dorato. L'alibi di Julian vacilla come un castello di carte in una tempesta di sospetti, mentre un detective ostinato ficca il naso nelle sue frequentazioni come un segugio con il raffreddore. Michelle rischia tutto testimoniando per lui, fondendo la grazia di una prima ballerina con la tenacia di un mastino. La vicenda si conclude con un colpo di scena che profuma di redenzione: Julian viene scagionato e l'amore trionfa, lasciando lo spettatore a chiedersi se la felicità sia inclusa nel tariffario o sia un extra non preventivato.

Giudizio critico

Il film rappresenta un'acuta analisi della società consumistica degli anni '80, dove Schrader riesce a elevare un noir erotico a riflessione esistenziale sulla mercificazione dei rapporti umani. La fotografia di John Bailey e le musiche di Giorgio Moroder creano un'atmosfera ipnotica che ha influenzato profondamente l'estetica cinematografica del decennio. La pellicola si è affermata come un classico del cinema americano, anticipando molte delle tematiche sulla superficialità e il materialismo che caratterizzeranno il cinema successivo. 

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