
5 Resurrezioni Famosissime (e un po’ pazze) per Capire la Pasqua Senza Sermoni
Sappiamo benissimo che la Pasqua è una festa profonda, spirituale, e per molti anche religiosa.
Ma tranquilli: oggi non ci addentriamo in diatribe teologiche. Nessun sermone, nessuna predica. Solo una riflessione leggera, ma non troppo banale, sul tema della resurrezione.
Perché, diciamocelo, l'idea di un eroe che si sacrifica, muore, e poi torna in vita per sconfiggere il male è qualcosa che non appartiene solo ai testi sacri. È un archetipo umano. Compare nella mitologia, nei romanzi, nei film e, ovviamente, nei cartoni e nei fumetti.
Quindi oggi, in onore della Pasqua, vi presentiamo cinque personaggi immaginari che in un modo o nell'altro sono risorti. Alcuni sono tornati con i muscoli più gonfi. Altri con una nuova consapevolezza. E qualcuno con il mascara un po' sbavato.
Cinque resurrezioni, cinque modi diversi di raccontare il ritorno alla vita. E magari, nel loro piccolo, ci dicono qualcosa anche su di noi.
1. Superman – Quando anche l'Uomo d'Acciaio ha bisogno di un pisolino eterno

Superman, nato nel 1938 dalla penna di Jerry Siegel e dalla matita di Joe Shuster, è il primo supereroe della storia moderna. È l'immigrato perfetto: arriva da un altro pianeta, si adatta, salva la gente, paga le tasse (forse). In teoria è invincibile, ma nel 1992, i fumettisti della DC decidono di ricordarci che anche gli dei in mutandoni rossi possono cadere. Così, in uno dei momenti più drammatici della storia del fumetto, Superman muore combattendo contro Doomsday.
Ma niente paura: torna. E mica in punta di piedi. Ritorna con più stile, più spessore, e un mullet da rocker anni Novanta che oggi farebbe impallidire anche i Måneskin.
La sua resurrezione è un inno alla speranza, una promessa che anche quando tutto sembra perduto, qualcuno tornerà a proteggerci. Preferibilmente con una S sul petto e la mascella scolpita.
2. Neo – La morte è solo un bug nel sistema

Neo, alias Thomas Anderson, nasce nel 1999 nel cervello febbrile delle sorelle Wachowski, in un momento storico in cui tutti avevamo paura del Millennium Bug e i trench di pelle nera erano ancora accettabili. Neo è un hacker introverso che scopre che la realtà è un gigantesco videogioco. O un sogno collettivo. Insomma, Matrix.
Nel primo film, viene ucciso da un Agente. Ma colpo di scena, torna in vita. E non solo: si risveglia come l'Eletto, capace di fermare proiettili a mezz'aria e di guardare il codice sorgente della realtà come un programmatore caffeinomane.
La sua resurrezione è quasi da manuale platonico: la morte del corpo e la rinascita della coscienza. Un passaggio da schiavo a liberatore, come se Socrate e Bruce Lee si fossero messi d'accordo.
3. Jack Sparrow – Morto, ma con stile

Jack Sparrow, pardon, Capitan Jack Sparrow, è l'unico uomo capace di morire, finire in un limbo desertico con decine di versioni di sé stesso, ed essere comunque il più normale del gruppo.
Nel secondo film della saga dei Pirati dei Caraibi, viene divorato dal Kraken. E non è una metafora esistenziale: viene proprio inghiottito da un calamaro gigante. Ma i suoi alleati decidono di intraprendere un viaggio ai confini del mondo per riportarlo indietro.
Jack ritorna vivo, più matto di prima, ma anche più determinato. La sua resurrezione non porta saggezza o poteri cosmici, ma ci ricorda che a volte basta essere amati per tornare. O per lo meno, essere indispensabili per la barca.
4. Spock – È del tutto ragionevole tornare

Nel 1982, il secondo film di Star Trek si chiude con una scena straziante: Spock si sacrifica per salvare l'equipaggio dell'Enterprise. Muore da eroe, dietro un vetro, con una mano alzata nel saluto vulcaniano e una frase che è diventata proverbiale: il bene di molti conta più del bene di pochi.
Fine? Macché. Nel film successivo, lo ritroviamo rigenerato sul misterioso pianeta Genesis, che tra parentesi si chiama proprio così, e la sua mente conservata nella coscienza del dottor McCoy. Fantascienza, certo, ma con un tocco quasi mistico.
Spock non rinasce per diventare un super guerriero o per vendicarsi. Torna per continuare a servire la logica, l'amicizia e il dovere. La sua resurrezione è sobria, elegante e, come direbbe lui stesso, perfettamente sensata.
5. Goku – L'unico che ha l'abbonamento per l'aldilà

E infine lui, il campione delle resurrezioni: Son Goku. Creato da Akira Toriyama nel 1984, Goku è la stella di Dragon Ball, uno degli anime più influenti di sempre. È un guerriero saiyan con la mente di un bambino, lo stomaco di un bufalo e il cuore di un monaco zen.
Nel corso della serie, Goku muore più volte. La prima per salvare la Terra da Radish, poi per sconfiggere Cell, e in momenti che nemmeno il suo autore, Akira Toriyama, sembrava più tenere a mente. Ma in ogni occasione, le Sfere del Drago lo riportano indietro. Perché in Dragon Ball, la morte è solo una pausa tra un allenamento e l'altro.
Goku non ritorna per vendicarsi, né per fare il salvatore spirituale. Torna perché ama combattere, migliorarsi e proteggere chi ama. La sua resurrezione è la celebrazione dell'energia vitale: un continuo superarsi, anche dopo la fine.
Conclusione
Cinque morti, cinque ritorni. Alcuni spettacolari, altri silenziosi. Ma tutti, in un certo senso, ci ricordano che la fine non è sempre definitiva. Che si può cadere e poi rialzarsi. E che, anche se non abbiamo poteri, spade laser o draghi magici, possiamo sempre scegliere di rinascere. Magari non con i capelli biondi sparati all'indietro, ma con un po' più di forza dentro.
Buona Pasqua, terricoli.
Sasha Bazzov